In tutto questo giocano un ruolo fondamentale le nuove tecnologie e in particolare le nanotecnologie. In alternativa ai sistemi tradizionali, si sta lavorando sfruttando come base di partenza celle polimeriche, che impiegano polimeri conduttori. I più significativi incrementi di qualità nella realizzazione di questi dispositivi si stanno avendo in questi anni, grazie alla disponibilità dei cosiddetti nanomateriali. I più recenti studi comprendono celle polimeriche organiche, che accoppiano nanomateriali fotoattivi inorganici a sottili pellicole organiche. Queste strutture sono in grado di assorbire una quantità superiore di fotoni, rispetto a quelle convenzionali, in quanto capaci di recepire una porzione di radiazione solare più ampia.
Adottando una piattaforma a celle ibride questa tecnologia ha permesso di generare strutture molecolari al carbonio, costituite da “nanotubi” che dovrebbero assicurare maggiore efficienza e ridurre le problematiche solitamente associate alle celle polimeriche di base. I test di laboratorio hanno dimostrato che particolari nanocristalli inorganici sono in grado di assorbire fotoni contenuti in fasci di luce ultravioletta, che potremmo definire “a bassa energia”. Le strutture nanoscopiche consentono la conversione di questa energia in fotoni impiegabili nel tradizionale processo fotovoltaico, che porta alla generazione di energia attiva. Si tratta di una tecnologia attualmente in fase di sviluppo ma, secondo alcune stime, potrebbe garantire un’efficienza di conversione fino a un massimo teorico del 50%.
Stando a queste premesse, le celle fotovoltaiche del futuro potranno essere fortemente diverse da come le conosciamo oggi. Adottando celle ai nanocristalli sarà infatti possibile generare inchiostri o vernici fotovoltaiche, da applicare a strati su determinati supporti o sui vetri. In questo caso, il supporto vetroso verrebbe utilizzato come substrato per depositare un film di microcristalli e nanoparticelle metalliche. Diversamente, sono previsti impieghi per la copertura delle superfici esterne dei palazzi, come si farebbe con un normale intonaco. Secondo alcuni studi, l’efficienza di tali prodotti dovrebbe attestarsi al 20% circa.
Per l’integrazione diretta nelle strutture di vetro, sono allo studio celle sferiche, sviluppate a partire da singoli elementi di silicio solidificato dal diametro di soli 1,8 mm. Sfruttando invece elementi a pigmenti si potrebbe portare a termine quella che viene definita “fotosintesi artificiale”, abbinando uno strato di titanio e speciali elementi pigmentati e generando sistemi ricettivi, capaci di catturare anche minime radiazioni luminose, per un’efficienza dell’11% circa.