La Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, nel corso del Convegno “I Costi dell’Energia in Italia“, ha presentato uno studio che fotografa lo stato attuale della spesa che gli italiano stanno sostenendo per l’approvvigionamento energetico.
L’analisi è stata illustrata in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2013 e mette in evidenza un quadro generale poco positivo per il nostro Paese.
In Italia, le bollette che riguardano il fronte termico ed elettrico sono il 18% più care rispetto alla media degli altri Paesi Ue. Analizzando nel dettaglio le specifiche riportate nello studio è possibile notare come questo impatti negativamente sulla crescita delle nuove attività e delle aziende, penalizzate per gli elevati costi dell’energia elettrica, compresi tra un +30% e un +86% rispetto alla media europea.
Anche le famiglie pagano un conto particolarmente salato con bollette del gas superiori del 24% – 35%. Le motivazioni per quotazioni nettamente più elevate rispetto alle medie del continente sono da ricercarsi in un’alta incidenza delle tasse statali e alla forte dipendenza dai combustibili fossili del nostro Paese. Proprio tra i costi occulti, meno noti alla massa, ci sono i sussidi per le fonti fossili, non direttamente integrati in bolletta ma sostenuti tramite la fiscalità generale.
L’OCSE stima questa tassazione entro i 2,1 miliardi di Euro all’anno, mentre il Fondo Monetario Internazionale valuta l’esborso entro i 5,3 miliardi di Euro all’anno, se si considerano altre voci e le esternalità.
Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, commenta: “Quello energetico è uno dei settori produttivi più importanti a livello nazionale, con un giro d’affari, in crescita, attorno al 20% del PIL e quasi mezzo milione di posti di lavoro creati. Renderlo più efficiente dal punto di vista economico riducendo i costi dell’energia per il Paese richiederà, ad esempio, di intervenire sul mix energetico riducendo la dipendenza dai fossili che, negli ultimi vent’anni, è già costata al Paese 45 miliardi di Euro in più, tutti soldi dati all’estero, e che se non affrontata potrebbe portare a un ulteriore aumento della fattura nazionale dell’import nei prossimi vent’anni da 3 a 12 miliardi di Euro”.