Eric Rondolat, CEO di Philips Lighting, evidenzia la disparità di accesso alle fonti di illuminazione nel mondo e traccia la strada per mettere fine al bisogno di luce.
L’intelligenza umana conosce ben pochi confini: stiamo imparando a stampare in 3D gli organi umani, le automobili che si guidano da sole stanno per raggiungere le strade e recentemente un’astronave è atterrata sulla superficie di una cometa. Eppure, nonostante tutti questi risultati incredibili, viviamo in un mondo dove 1,3 miliardi di persone non hanno ancora accesso all’illuminazione elettrica. Significa una persona su cinque. La luce, così come l’acqua e il cibo, è una necessità fondamentale senza cui nessun essere umano dovrebbe vivere ed è giunto il momento di prenderne consapevolezza e di porvi fine.
La luce artificiale è fondamentale per lo sviluppo umano. Infatti, senza illuminazione i negozi non potrebbero lavorare, gli ospedali non potrebbero curare le persone e gli allievi non potrebbero studiare. La luce fa sì che le persone si spostino liberamente con maggiore sicurezza e permette alle persone di continuare a vivere anche dopo il tramonto del sole. Nel migliore dai casi, le persone senza elettricità usano candele o lampade a petrolio, che però sono pericolose e malsane e causano ogni anno 1,5 milioni di morti per incendi e malattie respiratorie – l’equivalente della popolazione della città di Phoenix, Arizona ogni anno. Questa situazione non è più accettabile, soprattutto perché oggi esiste l’illuminazione LED a energia solare, la tecnologia che può relegare il bisogno di luce ai libri di storia.
Un accesso inadeguato alla luce limita fortemente l’abilità di paesi ed economie alla crescita. Per questo, le Nazioni Unite hanno proclamato il 2015 come l’Anno Internazionale della Luce. Unendo governi, rappresentanti dei settori privati e istituzioni scientifiche, le Nazioni Unite vogliono sensibilizzare le persone sul modo in cui le tecnologie basate sulla luce possono promuovere uno sviluppo sostenibile e trovare soluzioni alle sfide globali nel campo dell’energia, dell’educazione, dell’agricoltura e della salute. Il focus sul ruolo della tecnologia diventa quindi la chiave.
Certamente, i paesi che soffrono il bisogno di luce potrebbero risolvere i loro problemi investendo nelle reti e nelle centrali elettriche, così da generare e distribuire elettricità in modo affidabile. Ma le aree geografiche che ne hanno bisogno sono spesso così vaste da comportare costi proibitivi. Fortunatamente, i paesi in via di sviluppo in Africa e in Asia possono superare questa barriera grazie alle ultime ed innovative tecnologie di illuminazione, come quella ad energia solare, che conta emissioni di diossido di carbonio pari a zero.
Le lanterne ad energia solare possono illuminare una singola stanza con una luce “pulita” ad un costo di 10-20 dollari all’anno, rispetto ai 50 dollari della luce ottenuta con il petrolio. Un’altra soluzione, adatta alle grandi aree urbane, sono i Light Center, che uniscono sistemi di illuminazione LED con pannelli solari per generare luce di superficie pari a 1.000 m2, più o meno la superficie di un campo da calcio. Queste soluzioni sono semplici da installare e mantenere e sono molto più affidabili delle reti elettriche, soggette a regolari interruzioni. Inoltre, il costo totale di acquisto può essere molto più basso di quello di una soluzione equivalente basata sulla rete elettrica.
Philips, pioniere dei Light Center, ha in programma di installarne 100 nelle aree rurali dell’Africa entro la fine del 2015, dove circa 500 milioni di persone non hanno ancora accesso alla luce. La nostra speranza è che queste o altre soluzioni di illuminazione possano essere adottate da grandi aree geografiche, così da poter raggiunte milioni di persone. Per ottenere questo, sono necessarie lungimiranza e volontà politica: i governi, il settore privato e le ONG dovranno lavorare insieme e da vicino, adottando nuovi modelli di business.
Come CEO di una società di illuminazione, mi rendo conto che questa richiesta di azione potrebbe essere vista da qualcuno come opportunistica. Ma credo fermamente che la luce dovrebbe essere vista come un diritto umano basilare e un ingrediente chiave per lo sviluppo sociale. La questione economica è urgente in quanto l’accesso alla luce è uno stimolo per la crescita economica in aree dove è maggiormente necessaria. Se entro il 2030 1,3 miliardi di persone che oggi vivono senza luce riuscissero ad accedere all’illuminazione la crescita del PIL Mondiale riceverebbe una spinta significativa. Un esempio concreto è quello dell’India: studi hanno infatti confermato come una migliore fornitura di elettricità per l’illuminazione ad Assam abbia portato ad un aumento del 17% del tasso di alfabetizzazione di persone maggiori di 6 anni. La luce è molto più di pratica illuminazione. Pertanto, se siamo in grado di far fare ad un’astronave un viaggio di 6,4 miliardi di km e farla atterrare in cima ad una cometa larga solamente 4 km, allora possiamo sicuramente dar luce a persone che vivono sul nostro stesso pianeta. Nel 2015, durante l’Anno Internazionale della Luce indetto dalle Nazioni Unite, lancio un appello a tutti i politici perché si impegnino a risolvere la mancanza di luce entro il 2030 e a fare la differenza per la vita delle persone e la salute del nostro pianeta.