L’Agenzia delle Entrate pubblica uno studio che mostra la sostenibilità, per il bilancio pubblico, della policy a favore dell’efficienza energetica e strutturale degli edifici.
Il potenziamento del nuovo meccanismo di incentivazione introdotto quest’anno e finalizzato a promuovere gli interventi più virtuosi (riqualificazione energetica profonda degli edifici e riduzione della vulnerabilità sismica), che potrebbe essere ottenuto rimuovendo le barriere al loro finanziamento, consentirebbe di farne uno strumento di sviluppo non legato ai lunghi tempi della pianificazione delle opere pubbliche, e combinerebbe la sua capacità espansiva con gli importanti vantaggi sociali, economici e ambientali che derivano dal particolare tipo di operazioni stimolate.
Con la legge di bilancio 2017 è iniziato un processo di trasformazione che, con l’introduzione della facoltà di cessione delle detrazioni consentita a tutti i beneficiari (agli incapienti di oggi e a quelli potenziali di domani), trasforma un incentivo inaffidabile in una risorsa certa. La sua limitazione agli interventi più virtuosi (deep renovation e miglioramento sismico) contribuisce a orientare meglio le scelte dei cittadini. Con un emendamento alla Manovrina, già approvato pochi giorni fa dalla Camera e ora al vaglio del Senato, si infrange il tabù della cessione delle detrazioni alle banche, sia pure limitatamente agli incapienti (accertati nell’anno precedente a quello di sostenimento delle spese) e solo per l’ecobonus.
Insieme alla Manovrina, la Camera ha approvato un ordine del giorno che chiede al Governo di ampliare a tutti i beneficiari (non solo agli incapienti) la facoltà di cedere anche alle banche, oltre che la sua estensione al sismabonus. Si agevolerebbe in questo modo la diffusione di contratti di finanziamento al condominio più semplici e meno costosi, contribuendo a facilitare le decisioni assembleari.
È chiaro che il problema (e la resistenza della Ragioneria generale dello Stato) non riguarda le regole, ma la copertura del (supposto) deficit di bilancio che un incentivo più attraente ed efficace potrebbe generare. E ancor più (si suppone che) lo genererebbe, se si consentisse agli operatori finanziari di trattare le detrazioni acquistate come veri crediti (esigibili alla scadenza) e non solo in compensazione di debiti tributari e contributivi. Questa sarebbe la vera rivoluzione degli incentivi, che schiuderebbe il coinvolgimento della finanza non speculativa nel sostegno all’efficienza energetica e alla trasformazione strutturale di uno dei principali settori del Paese, con conseguenze non solo economiche ma anche sociali, sanitarie e ambientali.
Ma dove trovare le risorse necessarie a coprire il (supposto) deficit di bilancio aggiuntivo? Alcuni argomenti si pongono oggi alla riflessione delle parti politiche, anche in vista delle prossime elezioni. Un primo argomento è stato oggetto di un altro ordine del giorno approvato dalla Camera, che impegna il Governo “ad utilizzare le risorse derivanti dalla riallocazione dei sussidi dannosi ai fini dell’operatività effettiva dell’accordo di Parigi-Cop 21 e per l’attuazione dell’Agenda 2030 dell’ONU per uno sviluppo sostenibile; a definire, anche con apposito provvedimento normativo, le modalità per la riallocazione sostenibile dei sussidi dannosi all’ambiente, anche ai fini della fase di transizione”.
Anche in questo caso il Governo ha espresso parere favorevole. Non si tratta più “solo” di uno studio commissionato dalla UE e condotto da un autorevole centro di ricerca, ma di un documento redatto dal Ministero dell’ambiente italiano. E non si tratta “solo” di un rapporto conoscitivo redatto da un Ministero nell’ambito delle proprie competenze, ma di uno strumento operativo previsto da una legge dello Stato: “A sostegno degli impegni derivanti da … è istituito il Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi…”.
C’è da chiedersi se, vigente il Collegato Ambientale e disponibile il Catalogo, sia oggi legittimo il perdurante finanziamento dei sussidi ambientalmente dannosi in esso recensiti.
Un secondo spunto di riflessione è offerto dalla stessa Agenzia delle entrate, che nei giorni scorsi ha pubblicato un aggiornamento del rapporto biennale “Gli immobili in Italia”. In questa edizione del rapporto è stata aggiunta l’analisi, molto interessante, degli effetti micro e macroeconomici delle politiche di incentivazione fiscale, che giunge a conclusioni controverse: negative per il bilancio pubblico, a causa della insufficiente addizionalità economica e fiscale delle policy, ma con notevoli effetti positivi sotto altri profili economici, sociali e ambientali. In altri termini, le attività indotte dall’incentivazione sarebbero solo il
34% di quelle incentivate e genererebbero maggiori imposte in misura inferiore a quelle a cui lo Stato rinuncia concedendo gli incentivi.
Prescindendo da ragionamenti più analitici, che si devono auspicare, la semplice constatazione dell’esigua numerosità degli interventi di questo tipo che oggi si realizzano, pur in presenza di detrazioni particolarmente generose, lascia intendere che aggiustamenti degli incentivi in grado di renderli molto più efficaci determinerebbero un’addizionalità prossima al 100%, tale da rendere la policy molto vantaggiosa sotto il profilo dello stimolo di PIL e occupazione, e da annullare la necessità di copertura finanziaria.
Quanto più gli interventi sono complessi e costosi (o lontani dalle pratiche manutentive diffuse) e quanto più gli incentivi contribuiscono a superare le barriere presenti in ambito condominiale, contribuendo a rimuovere il timore della solidarietà per i debiti condominiali e ad agevolare la formazione del consenso nelle decisioni collettive, tanto più l’addizionalità della policy è elevata.
Anche un terzo motivo di riflessione è offerto dallo studio dell’Agenzia delle entrate, che ricorda che l’ampiezza dell’impulso al sistema economico causato dalla policy di incentivazione dipende anche dal moltiplicatore di Leontief, che nel settore dell’edilizia è particolarmente elevato ed è pari a oltre 2,615. “Applicando i moltiplicatori di Leontief allo shock della domanda (dovuto all’incentivazione e misurato dall’addizionalità) si determinano il nuovo livello di produzione dell’intero sistema economico e il conseguente aumento delle entrate tributarie e contributive”.