Particolato atmosferico, va controllato attentamente secondo Paessler

Cosa è il particolato? Che tipi di particolato esistono e in cosa differiscono?Una prima distinzione è quella tra PM10, PM2,5 e le cosiddette polveri sottili.

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Christian Zeh, Senior Manager New Technologies & Markets di Paessler, spiega perché dobbiamo affrontare attentamente la questione del particolato atmosferico.

Non c’è quasi nessuna discussione ambientale che non abbia affrontato la questione del particolato atmosferico, dell’ossido di azoto o dei gas di scarico negli ultimi mesi. Tuttavia, va sottolineato che spesso alcuni termini non vengono utilizzati in base alla loro effettiva definizione scientifica. Al contrario, termini tecnici vengono confusi nelle conversazioni e i risultati della ricerca semplificati a proprio vantaggio.

Vorrei fare chiarezza sulle definizioni di termini e contesti, illustrare la questione delle polveri sottili da diversi punti di vista e cercare di capire perché ormai non possiamo evitare di trattare il tema del particolato.

Particolato atmosferico, la definizione di particolato

Prima di entrare nel dettaglio vorrei stabilire le basi di un denominatore concettuale comune. Cosa è il particolato? Che tipi di particolato esistono e in cosa differiscono?
Una prima distinzione è quella tra PM10, PM2,5 e le cosiddette polveri sottili.
PM10 sono particelle di diametro inferiore a 10 micron, PM2,5 sono le particelle di diametro inferiore a 2,5 micron, mentre le particelle ultrasottili sono quelle di diametro inferiore a 0,1 micron.
Le particelle fino a 10 micron entrano nel nostro sistema bronchiale tramite la cavità nasale. Le PM2,5 possono raggiungere i bronchioli e gli alveoli polmonari. Le polveri ultrasottili possono entrare nel flusso sanguigno attraverso i polmoni e raggiungere tutti gli organi.

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Il particolato e il traffico

Provate a indovinare qual è il maggiore emettitore di particolato nel traffico stradale. Un suggerimento: non si tratta degli scarichi dei motori diesel.
Incidentalmente, la colpa non è nemmeno degli ossidi di azoto, perché essi non sono di per se stessi particolato. Ossido di azoto è un termine collettivo che indica vari composti gassosi costituiti da ossigeno e azoto. Gli ossidi di azoto sono semmai dei precursori del particolato e quindi, sia pure indirettamente, responsabili dell’inquinamento da particolato.
Ma torniamo alle fonti di particolato da traffico. Secondo le misurazioni LUBW, non meno dell’85% del particolato legato al traffico viene generato da pneumatici, freni e usura del manto stradale, oltre che dalla polvere che si “agita” sulla superficie stradale.
Il rimanente 15% proviene dai gas di scarico delle auto e degli autocarri. Questo è il particolato PM10.

In Germania, ad esempio, il limite massimo consentito di particolato fine nelle città è di 50 microgrammi per metro cubo di aria. Questo valore può essere superato per un massimo di 35 giorni l’anno, dopo di che scatta il blocco alla circolazione per determinate categorie di veicoli.
Avete letto bene: per “determinate categorie di veicoli”. Il fatto che l’85% di tutto il particolato legato al traffico sia generato da tutte le categorie di veicoli non viene considerato dal legislatore. Un approccio onesto al problema del particolato dovrebbe essere differente.

Particolato atmosferico in agricoltura

In agricoltura, i composti ammoniacali gassosi (NH3) sono la principale fonte di particolato. L’ammoniaca viene generata durante la preparazione di fertilizzanti e concimi liquidi ed è ancora una volta un precursore. L’ammoniaca reagisce nell’atmosfera con altri gas formando molecole con effetti negativi sulla salute ed è pertanto un cosiddetto particolato fine secondario della categoria PM2,5.
Piccola divagazione sul tema del riscaldamento globale rispetto all’inquinamento da polveri sottili. Durante la digestione, un bovino emette, tra le altre sostanze, metano (CH4) un gas con effetto serra che nell’atmosfera diventa monossido di carbonio e successivamente CO2. Gli animali contribuiscono quindi in modo significativo al riscaldamento globale, ma nulla hanno a che fare con l’inquinamento da polveri sottili.

Particolato e mortalità

Diversi studi sono stati condotti sulla relazione tra tasso di mortalità e inquinamento da particolato. Non vi è dubbio che gli esseri umani muoiano come fattore secondario dell’esposizione al particolato.
In questo contesto, non voglio deliberatamente dare un giudizio sugli studi effettuati. Gli studi epidemiologici dimostrano infatti che l’inquinamento da polveri sottili è un fattore di mortalità coinvolto in circa 8,8 milioni di morti premature all’anno nel mondo (circa 790.000 persone in Europa).
Incidentalmente, in funzione dei parametri specificati per definire il tasso di mortalità, l’interpretazione dei valori misurati può cambiare di molto.
L’inquinamento atmosferico non accorcia la vita di tutti gli individui. Ciò significa che una diminuzione generale dell’aspettativa media di vita è un valore medio. L’inquinamento da particolato influirà sul tasso di mortalità solamente degli individui esposti quotidianamente a tali sostanze.
Una vita in una baita di montagna è quindi preferibile a una vita in una grande città in termini di inquinamento da particolato.

Il particolato nel luogo di lavoro

Prima di esaminare come viene effettuata la misurazione delle polveri sottili nell’aria, vorrei spendere qualche parola sulle polveri sottili nel luogo di lavoro.
Naturalmente, va fatta una distinzione tra ufficio e impianto di produzione. Pensiamo all’inquinamento da polveri in una falegnameria o ad aziende in cui sono installate macchine per la macinazione.
Ricordiamoci che il limite all’aria aperta è di 50 microgrammi.
Falegnami, addetti alla macinazione, e in generale operai farebbero bene a mettersi seduti comodi prima di proseguire nella lettura. Il limite massimo di polveri sottili negli impianti produttivi è di 10 milligrammi. Sì, avete letto bene. 1 milligrammo corrisponde a 1.000 microgrammi. Stiamo quindi parlando di valori 200 volte più alti dell’aria aperta.

Anche i più moderni sistemi di filtraggio usati negli impianti produttivi hanno una capacità di filtraggio di circa 2 milligrammi di polveri sottili per metro cubo d’aria. Che è ancora 40 volte il limite all’aria aperta.

Particolato atmosferico

Come sono misurate le polveri sottili?
Ora che conosciamo la teoria e qualcosa di più su terminologia e misure, vi spiegherò come avviene in pratica la misurazione. Alla fine sarà chiaro come i metodi attuali di misurazione del particolato offrano spazio a miglioramenti.
Esiste un metodo standardizzato di misurazione delle polveri sottili che serve a garantire la compliance con le normative per il controllo dell’inquinamento. Deve essere fatta una distinzione tra misurazione al punto di origine dell’inquinamento (emissione) e misurazione al punto di impatto (immissione).
In pratica, sono disponibili vari tipi di sensori per la misurazione del particolato. Per ottenere risultati comprensibili è necessario sapere che è diverso misurare il particolato all’interno o all’esterno.

Per le misurazioni all’esterno, l’umidità è una componente variabile che non viene presa in considerazione quando si usano sensori indoor. Tali sensori possono anche essere usati all’esterno ma solo se esiste un secondo sensore per la misurazione dell’umidità per compensare i risultati.

Misurazione delle polveri sottili sul campo

Attualmente, uso queste misure combinate per vari studi e visualizzo i dati con PRTG Network Monitor. Lo screenshot mostra i dati raccolti. Date un’occhiata e confrontate i dati grezzi con i dati compensati.

In Europa questa metodologia viene oggi usata su larga scala per misurare il particolato all’esterno nell’ambito di un interessante progetto di citizen science. È possibile trovare dati incredibilmente dettagliati sul particolato PM10 su luftdaten.info, che possono essere analizzato fino a livello del singolo sensore.

Dove sono misurate le polveri sottili esternamente?
Sappiamo cosa è il particolato, chi lo produce, cosa causa e come viene misurato. Resta la questione di sapere esattamente dove vengono misurate le polveri sottili all’aria aperta.
La misurazione dovrebbe essere effettuata nel punto di maggiore impatto. Pertanto, le stazioni usate per la misurazione dell’inquinamento da traffico dovrebbero essere collocate al massimo a 10 metri dal bordo della strada ma almeno a 25 metri da un incrocio trafficato. Sicuramente, avrete notato alcune di queste stazioni circolando per le città.

Fino a qui le linee guida appaiono comprensibili, se non fosse per un aspetto. Le stazioni di misurazione più vecchie che erano già installate prima che entrasse in vigore la legge attuale. Relativamente al proseguimento delle serie di misurazioni attuali, lo spostamento di queste stazioni non sarebbe opportuno. Mi capita spesso di passare accanto a una stazione di misurazione in un parco cittadino, che fornisce alla città o alla particolare zona valori di particolato eccezionalmente bassi.

Particolato atmosferico

Registrare semplicemente i dati di particolato non è sufficiente. Per quanto ciò fornisca valori correnti e serie di dati, da questi dati non è possibile trarre conclusioni utilizzabili. Con leggi e normative, gli enti pubblici definiscono standard di fatto creando le basi per misurazioni utilizzabili e confrontabili.
Inoltre, solo la raccolta di dati su lunghi periodi renderà possibile ricavare conclusioni significative e affidabili.
A ciò si aggiunga che la popolazione si sente sempre più confusa a causa dell’onnipresente lobbismo e della soggettività di molti dibattiti politici e sociali. #FridayforFuture, la crisi dei diesel, il riscaldamento globale. Per ognuno di questi temi la disponibilità di una base di dati affidabile, confrontabile e standardizzata è un prerequisito assolutamente fondamentale.