La comunità energetica è una aggregazione di utenti che collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso impianti energetici locali.
Cosa sono le comunità energetiche? Che futuro hanno? Partiamo da un documento ENEA, analizzando la guida realizzata nell’ambito del progetto europeo GECO cofinanziato da EIT Climate‐KIC.
L’iniziativa GECO, in particolare, vuole creare la prima comunità energetica rinnovabile territoriale, a Roveri e Pilastro, a sud di Bologna e svilupparla a livello tecnologico, legale e culturale con l’obiettivo di una gestione comunitaria dell’energia rinnovabile locale, promuovendo l’autoconsumo e lo scambio in loco. Tra gli obiettivi del progetto vi sono il rafforzamento della responsabilità individuale e collettiva, nonché l’aumento dell’autonomia economica, sociale e tecnologica dei territori, partendo dal presupposto che “una transizione energetica richiede cambiamenti culturali, materiali e immateriali, basati sul risparmio energetico e l’efficienza dei consumi” e che “riconoscersi in una comunità è il primo passo da compiere in direzione un’etica di coabitazione pacifica con gli uomini e l’ambiente”.
Obiettivo più grande delle comunità energetiche è, infatti, quello di creare una società più ecosostenibile con maggiore responsabilità sociale, economica e ambientale, che agevoli la transizione energetica e la decarbonizzazione secondo i principi degli accordi internazionali.
Le comunità energetiche
La comunità energetica (CE) è una aggregazione di “utenti che, tramite la volontaria adesione a un contratto, collaborano con l’obiettivo di produrre, consumare e gestire l’energia attraverso uno o più impianti energetici locali”. Gli utenti diventano, oltre a essere consumatori, anche dei prosumer: l’utente che possiede un proprio impianto di produzione di energia che consuma in parte e che re-immette in rete, scambiandola con altri utenti fisicamente vicini o accumulandola.
Le CE diventano veri e propri generatori di un vantaggio economico e sociale per tutti i membri, beneficiando di energia rinnovabile a un prezzo accessibile. Le parole chiave del concetto di comunità energetica sono: decentramento, localizzazione, autoconsumo e collaborazione.
Oggi più che mai il ruolo delle comunità energetiche emerge come uno dei fattori abilitanti della transizione energetica e dello sviluppo sostenibile di un Paese, favorendo una maggiore efficienza energetica e la promozione dell’uso di energia rinnovabile come nuova modalità sostenibile di approvvigionamento. Produzione e consumo di energia diventano, quindi, collettivi, all’interno delle CE locali con reti di media e bassa tensione sotto la stessa cabina elettrica (condomini, attività commerciali e industriali di uno stesso distretto territoriale).
Regolamentazione europea e italiana
Nel 2019 è stato approvato a livello europeo il Clean Energy Package (CEP) con direttive per regolamentare: prestazioni energetiche negli edifici, efficienza energetica, energie rinnovabili, mercato elettrico. L’obiettivo è quello di supportare la transizione energetica e dare un ruolo di primo piano ai cittadini rispetto al settore dell’energia.
Nelle direttive europee si definiscono il concetto di autoconsumo collettivo, cosa sono le Comunità di Energia Rinnovabile (CER) e le Comunità Energetica dei Cittadini (CEC). L’autoconsumo collettivo è realizzato all’interno di un edificio con un sistema che fornisce elettricità a più di un consumatore che soddisfa il fabbisogno di energia per le utenze condominiali o autonome; quando l’autoconsumo collettivo va oltre l’ambito di un unico edificio siamo di fronte a una comunità energetica. Nel documento di ENEA che riprende le direttive del CEP si definisce:
- CER, con recepimento al 31 dicembre 2020: autonomia tra i membri e necessità di prossimità con gli impianti di generazione: la CER può gestire l’energia in diverse forme (elettricità, calore, gas) a patto che siano generate da una fonte rinnovabile;
- CEC, con recepimento al 30 giugno 2021: non prevede i principi di autonomia e prossimità e può gestire solo l’elettricità, prodotta sia da fonte rinnovabile sia fossile.
Ogni Stato membro ha la possibilità di recepire le direttive entro i termini singolarmente oppure all’interno di un’unica normativa sulle comunità energetiche.
Cosa ha fatto l’Italia in merito?
Apprendiamo nel documento ENEA che “a oggi, la regolamentazione italiana in materia di autoconsumo collettivo e comunità energetica rinnovabile consiste nell’articolo 42-bis, inserito nel Decreto Milleproroghe (convertito nella legge n.8/2020 in 29 febbraio 2020): la regolamentazione attuale cerca di collettare dati ed elementi utili all’attuazione delle direttive, oltre a consentire investimenti visti gli obiettivi stabiliti nel Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC)”.
In particolare, è stata stabilita una tariffa di incentivo, cumulabile con le detrazioni fiscali vigenti, per remunerare l’energia autoconsumata dal proprio impianto installato dal 1º marzo 2020: 100 €/MWh per l’energia condivisa nell’ambito dell’autoconsumo collettivo, 110 €/MWh per le comunità energetiche rinnovabile. Oltre alla restituzione di alcune voci in bolletta “a fronte dell’evitata trasmissione dell’energia in rete che questi impianti permettono”, con uno sgravio che ARERA quantifica in 10€/MWh per l’autoconsumo collettivo e in 8 €/MWh per le CER sull’energia condivisa.
La normativa italiana rispecchia i criteri della direttiva europea in merito all’autoconsumo collettivo e alle comunità energetiche: gli utenti, classificati in utenti soci (solo utilizzatori) o utenti investitori (che parteciperanno alle spese di installazione dell’impianto), possono aderire o uscire dal progetto collettivo liberamente, rispettando gli obblighi condominiali.
Strutturare la comunità energetica
La CE si può struttura con una a governance locale a responsabilità diretta, dove “cittadini, associazioni e realtà imprenditoriali, condividono un insieme di principi, regole e procedure che riguardano la gestione e il governo della comunità, verso obiettivi di autogestione e condivisione delle risorse” e che “possono fare leva sulle istituzioni locali affinché si intraprendano soluzioni energetiche e sostenibili”. Si può attivare una governance a partire da nuove tecnologie per il risparmio energetico in strutture residenziali inizialmente a livello individuale per allargare poi la prospettiva a interi condomini o quartieri, creando un ente collettivo, per esempio una cooperativa, dove ogni cittadino partecipa con le proprie utenze alla comunità energetica, che può essere gestita da una nuova figura professionale: facilitatore di comunità energetica che ne sostiene lo sviluppo.
Comunità energetica, i vantaggi
Tra i vantaggi principali derivanti dalla creazione di una comunità energetica vi è, in primis, l’efficienza energetica con conseguente risparmio di energia che si traduce a sua volta in risparmio economico in bolletta, a livello familiare individuale e per tutta la comunità. Ma anche a livello commerciale e industriale, le CE supportano una maggiore competitività delle attività territoriali, riducendo i consumi e le tariffe.
L’autoconsumo di energia porta con sé anche altri benefici. Per esempio, può essere una fonte di guadagno con lo Scambio sul Posto o il Ritiro Dedicato. Un impianto collettivo, inoltre, oltre alla capacità di ridurre l’impatto ambientale, può oggi essere installato a un costo contenuto e inferiore rispetto al passato, grazie agli incentivi fiscali per ristrutturazione edilizia e interventi di efficientamento energetico del Superbonus 110%.
A oggi è ancora difficile riuscire a consumare tutta l’energia prodotta in ambito individuale e si acquista ancora molto dalla rete. L’autoconsumo collettivo vuole essere una risposta per supportare le comunità energetiche nel mettere a fattor comune le utenze elettriche, con l’obiettivo di massimizzare i consumi dell’energia prodotta all’interno della comunità stessa e ridurre i costi di trasporto e gli oneri di sistema.