Per raggiungere i nuovi obiettivi europei sulla decarbonizzazione (-55% di emissioni di CO2 al 2030 rispetto ai livelli del 1990) sarà necessario adeguare i target specifici per le rinnovabili, tra il 38% e il 40% dei consumi finali, e l’efficienza energetica, con una riduzione compresa tra il -39% e il -41% dei consumi primari. Questo quanto emerge dal Position Paper “Utilities protagoniste della transizione ecologica: la sfida della decarbonizzazione”, messo a punto da Utilitalia (la Federazione delle imprese dei servizi pubblici di acqua, ambiente e energia).
Investimenti in decarbonizzazione pari a 450 milioni, 8,2 euro per abitante
“Raggiungere questi target – viene spiegato – richiederà una trasformazione del sistema produttivo, a partire dai modelli in cui le utilities sono attive”. Imprese per le quali, in ogni caso, il capitolo decarbonizzazione è già oggi ritenuto fondamentale: gli investimenti sono pari a 450 milioni (8,2 euro per abitante) e numerosi sono gli esempi concreti, dall’energia prodotta da serre rinnovabili, agli oltre 5mila mezzi a basso impatto ambientale fino al 42% di energia prodotta da fonti rinnovabili.
Obiettivi 2030, le tre sfide per le utilities
Guardando a livello nazionale, agli obiettivi per il 2030 stabiliti dal Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec), le sfide per le utilities sono principalmente tre. La prima, la crescita della capacità rinnovabile: capacità eolica da 10.900 MW a 19.300 MW (di cui 900 MW offshore) e capacità fotovoltaica da 21.630 MW a 52.000 MW. La seconda, l’efficienza energetica: un risparmio addizionale di 9,35 Mtep/anno al 2030 (51,4 Mtep cumulati) rispetto alla media del triennio 2016- 2018. La terza riguarda invece il settore trasporti: riduzione delle emissioni di CO2 del 36,8% attraverso una crescita notevole dei biocarburanti, in particolare del biometano (da 0 nel 2016 a 793 ktep nel 2030) e delle FER su strada (da 2 ktep a 379 ktep).
Le nuove opportunità offerte dal mercato
Gli scenari che si aprono messi in moto dalla decarbonizzazione, da un lato richiedono alle utilities “di modificare il proprio business lungo le filiere di attività, dall’altro creano anche delle nuove opportunità di mercato”.
Alcuni esempi riguardano: la filiera dell’elettricità con un incremento della fornitura rinnovabile tramite aste e Power Purchase Agreement (PPA); la filiera del gas con offerta di gas rinnovabili per decarbonizzare i settori hard-to-abate, come industria e trasporti pesanti, stoccaggio della produzione rinnovabile tramite power-to-gas e servizi di flessibilità. E ancora, la filiera dell’acqua con offerta di energia rinnovabile ad altri settori, come elettricità e biometano, e offerta di acqua depurata a settori come l’agricoltura e le industrie
Poi, la filiera dei rifiuti e ambientale con l’introduzione di modelli di economia circolare avanzata con la preparazione al riuso, upcycling, refurbishment, remanufacturing, e collaborazioni con produttori e attori industriali; la filiera della mobilità sostenibile con offerta di servizi di mobilità (sharing, ricarica e gestione flotte) a cittadini e imprese; e la filiera dell’efficienza energetica con l’offerta di riqualificazione ai condomini attraverso il superbonus al 110%, oltre a servizi di consulenza alle aziende per l’efficientamento energetico dei processi industriali.
L’importanza di un quadro regolatorio e di policy chiaro
La proposta, in sintesi, è di “semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili e sviluppare un quadro di autorizzazione omogeneo”. In un contesto del genere è necessario “un quadro regolatorio e di policy chiaro, cosa che favorirà il contributo delle utilities alla decarbonizzazione, dal momento che renderà più semplici gli investimenti nella transizione ecologica. In quest’ottica è fondamentale la proposta sullo snellimento delle procedure autorizzative, in particolare con riferimento agli impianti di fonti rinnovabili per sostenere la crescita della generazione da FER e garantire il raggiungimento degli obiettivi al 2030”.