Secondo Antonio Di Cosimo, Presidente di Associazione EBS (Energia da biomasse solide), occorre un mix di rinnovabili per ridurre il costo dell’energia e le bollette.
Il costante rincaro delle bollette è sotto gli occhi di tutti.
In continuità con quanto accaduto alla fine del 2021, il 2022 si apre all’insegna di una vera e propria stangata per le bollette di energia e gas. I rincari riguardano soprattutto i consumatori in regime di maggior tutela, a causa dell’aggiornamento trimestrale delle tariffe ARERA, l’Authority italiana di regolazione energia, reti e ambiente, ma in parte anche i clienti passati al mercato libero, aumenti principalmente dovuti all’impennata del costo dei combustibili fossili tradizionali.
La famiglia-tipo (con un consumo annuo di 2700 kWh di energia, con una potenza impegnata di 3 kW, e 1400 Smc di gas naturale) si ritrova così a pagare il 55% in più di energia e il 42% di gas rispetto al trimestre precedente. Il Governo, tramite alcuni correttivi inseriti nella legge di Bilancio, ha provato a ‘tamponare’ gli aumenti, agendo sugli oneri generali di sistema e riducendo al 5% l’IVA per le bollette del gas.
Queste misure transitorie, valide soltanto per il primo trimestre del 2022, consentono di limitare l’impatto dei rincari: in assenza di queste, gli incrementi sarebbero stati nell’ordine del +65% per le bollette energetiche e +59% per il gas naturale.
Sono al riparo soltanto le tariffe del mercato libero con prezzo bloccato, attivate prima nell’emergenza.
Come ridurre il costo dell’energia? Le considerazioni di EBS
Fino ad oggi le centrali a gas sono state considerate la sola fonte di energia costante e programmabile, con il compito di supportare la discontinuità e il bilanciamento della rete. L’Europa però, l’Italia in primis, è fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di gas e il recente aumento del costo della materia prima ha generato notevoli ripercussioni sulle bollette.
In questo contesto le biomasse solide rappresentano l’alternativa più sostenibile, in quanto unica fonte di energia rinnovabile, programmabile ed in grado di garantire regolarità e continuità di esercizio per oltre 8 mila ore l’anno. Una soluzione strategica che nella fase di transizione permetterebbe di ridurre sempre più la nostra dipendenza dal gas con un miglior equilibrio del mix energetico, visto che oggi il nostro Paese ricorre al gas per circa metà dell’energia elettrica prodotta.
La produzione da biomasse solide
La produzione elettrica annua delle centrali a biomasse solide supera attualmente i 3.000 GWh attraverso l’uso di circa 3,5 milioni di tonnellate di biomassa solida di cui oltre il 90% proviene dall’Italia. I dati si riferiscono alle aziende appartenenti all’Associazione EBS che rappresenta oltre il 75% della produzione elettrica da biomasse solide e quasi la totalità se si considerano gli impianti di taglia superiore a 5 MW (secondo i dati 2020 del GSE, in Italia la produzione di energia elettrica da biomassa solida è di circa 3.211 GWh).
Questi numeri potrebbero crescere ulteriormente raggiungendo un aumento di produzione del 30% anche solo ampliando gli impianti esistenti, senza contare nuove installazioni che sarebbero possibili esclusivamente con un quadro normativo certo, ora mancante.
E domani? Occorre un mix virtuoso
In questo modo si genererebbe un mix virtuoso in cui le biomasse, per la loro regolarità, “completerebbero” la produzione delle altre fonti rinnovabili intermittenti come l’eolico e il fotovoltaico. Va considerato che i rincari delle bollette sono dovuti anche ai ritardi nello sviluppo delle rinnovabili e alla lentezza nell’installazione di questa tipologia di impianti. Tale situazione, caratterizzata da aste deserte e unita allo spegnimento delle centrali a carbone nei prossimi tre anni, fa prevedere uno scenario in cui il mantenimento delle centrali a biomasse solide esistenti sarà più che mai necessario.
Tuttavia, ad oggi non è ancora certo il rinnovo degli strumenti di supporto alla produzione di energia elettrica prodotta da biomasse solide nonostante il contributo di questa fonte sia conteggiato insieme a quello delle altre rinnovabili per il raggiungimento degli obiettivi del Pniec (Piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030). Tale situazione minaccia il mantenimento in esercizio degli impianti che vedono avvicinarsi la scadenza degli attuali meccanismi già nel 2023.