Antonio Di Cosimo, presidente di Associazione EBS, traccia lo scenario energetico attuale, evidenziando il ruolo delle istituzioni e quello delle biomasse solide.
– Caro bollette e diversificazione del mix energetico del Paese, qual è il Vostro punto di vista?
Oggi è chiara a tutti, mai come prima d’ora, la necessità di diversificare le fonti energetiche. In un mondo “interdipendente”, in primis sul fronte dell’energia, non solo l’approccio autarchico è anacronistico e perdente, ma anche l’idea che il mercato globale trovi sempre un’unica soluzione più efficiente si sta dimostrando tragicamente fragile. La politica a qualsiasi livello si trova a dover sposare la dimensione locale delle risorse proprie (tipicamente le fonti rinnovabili) con la sicurezza degli approvvigionamenti (tipicamente le reti energetiche interconnesse e quelle di trasporto intercontinentale).
Le scelte epocali sono dunque auspicabili, ma se non si creano in anticipo spazi di sviluppo diversificati, il rischio concreto è di dover continuamente tornare indietro da quelle stesse scelte alla prima emergenza, accumulando ritardi, sfiducia e inefficienze di sistema. Negli ultimi anni l’Europa, Italia in primis, ha raddoppiato le importazioni di gas invece di incentivare e sviluppare la produzione interna di fonti energetiche. Il settore delle biomasse solide opera secondo il principio dell’economia circolare, sostenendo il costo dei materiali e residui dalle filiere agricole e agroindustriali e dalla manutenzione di boschi e foreste; è una fonte rinnovabile che ha il vantaggio della programmabilità e continuità di produzione elettrica per 8 mila ore l’anno, contribuendo al mix energetico in maniera ecosostenibile. Purtroppo, al momento manca un indirizzo chiaro da parte delle istituzioni, facendo così palesare la prospettiva di spegnimento degli impianti se nulla dovesse cambiare da qui ai prossimi mesi.
– Bioenergia e strategia REPower EU, cosa è stato fatto? Cosa si può fare per migliorare l’integrazione delle fonti, favorendo sostenibilità e il dialogo bidirezionale con la Commissione Europea?
La Commissione Europea ha adottato una strategia per affrontare l’aumento dei prezzi dell’energia e rendere l’Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030, a partire dal gas. Successivamente ha presentato un piano con azioni concrete per attuarla. In risposta, oltre 500 realtà tra cui EBS, hanno firmato una lettera per richiedere che biomasse solide e bioenergie abbiano in questo piano un ruolo più adeguato. Solo in un paragrafo viene riconosciuto il loro contributo nel mix energetico rinnovabile (pari a circa il 60%) e viene previsto un aumento moderato ma costante del settore al 2030.
Crediamo che in questa fase così delicata per il futuro energetico dell’Europa si stia perdendo l’occasione di tutelare e utilizzare i vantaggi di una forma di energia come quella delle biomasse solide per produrre la quale esiste già un parco di centrali efficiente. Di fronte alla “fame” di energia dell’Europa, è inconcepibile che si tenga conto in maniera così limitata e marginale di impianti rinnovabili già in funzione e con importanti benefici economici per la collettività e la fiscalità. Siamo consapevoli che la soluzione perfetta non esiste, come non esiste un’energia completamente gratuita: a guidare le scelte dovrebbe essere l’equilibrio tra efficienza energetica ed efficienza economica, a nostro avviso raggiungibile attraverso l’equilibrio del mix energetico. È su questo terreno che politica e industria dovrebbero incontrarsi.
– Le biomasse solide sono parte integrante della filiera forestale e delle politiche attive territoriali, come gestire al meglio le filiere e favorire le sinergie tra i player di settore?
Nella filiera si realizzano al massimo le sinergie rese possibili dall’economia circolare. Quando la fonte, come le biomasse solide, è rinnovabile ed il residuo riutilizzabile, allora il cerchio si chiude e si procede verso un’autentica transizione ecologica. Partiamo dal presupposto che i residui delle filiere, come quella agroalimentare e forestale, devono comunque essere gestiti in qualche modo, nel caso peggiore smaltendoli. Valorizzarli energeticamente, dunque, riduce la componente “scarto” e incrementa la componente “valore”.
Questo processo genera esternalità positive importanti: non solo riduce i costi e i rischi ambientali dovuti allo smaltimento, ma produce valore aggiunto che si ridistribuisce su tutta la filiera, grazie alle dinamiche di prezzo e all’indotto. In quest’ottica, la fonte rinnovabile biomassa solida ha oltre tutto il pregio di non essere gratuita, bensì necessita di lavoro umano e capitali economici senza i quali non esisterebbe alcuna filiera. Si stima infatti che i soli operatori riuniti nell’Associazione EBS impieghino circa 3,5 milioni di tonnellate di biomassa solida, di cui più del 90% prodotta in Italia, generando un indotto diretto e indiretto che supera i 5 mila lavoratori nei comparti agricolo, metalmeccanico, elettrico e della logistica.
– Un maggiore sfruttamento delle biomasse solide favorirebbe l’economia circolare, quali sarebbero i vantaggi e medio e lungo termine?
Oltre a quanto esposto sopra, la filiera agroenergetica crea valore anche per le comunità locali attraverso la manutenzione del patrimonio boschivo e lo fa spesso in numerose aree cosiddette “interne e marginali”. Queste attività, insieme al conseguente mantenimento e ricostituzione di presidi attivi contro il dissesto idrogeologico, generano ricadute positive per i territori. Ci avviciniamo inoltre alla stagione estiva ricordando l’emergenza vissuta lo scorso anno con il fenomeno degli incendi fuori controllo. Ricordiamo che il regolare impiego delle biomasse da sottoprodotti, altrimenti bruciate in modo inidoneo, contribuisce in modo rilevante alla prevenzione di questo rischio, consentendo anche un rilevante risparmio di risorse economiche.
– E in termini di decarbonizzazione, quale è il contributo del settore e i vantaggi?
Garantire una gestione forestale sostenibile e responsabile, in linea con la Strategia forestale dell’UE, permette di aumentare la capacità di assorbimento del carbonio. A differenza delle fonti fossili, la CO2 rilasciata nella combustione di biomassa vegetale è collegata ad un ciclo di crescita della vegetazione relativamente breve, dell’ordine dei decenni. Nell’ambito dei sistemi selvicolturali basati su criteri di sostenibilità, questa emissione verrà nuovamente assorbita dalla crescita di nuova biomassa negli spazi resi disponibili a seguito dei prelievi.
E’ il cosiddetto ciclo del carbonio che non ha emissioni aggiuntive di gas serra in atmosfera: in sostanza, la CO2 rilasciata nella combustione della biomassa è pari a quella assorbita dalle piante durante il loro ciclo di vita. Dunque i boschi contribuiscono alla lotta al cambiamento climatico sia stoccando carbonio sia tramite la fornitura di energia rinnovabile.