È stata recentemente pubblicata la 4° edizione dell’indagine su energia e aziende, condotta da Centrica Business Solutions: un termometro sui temi dell’efficienza e della sostenibilità che ha l’obiettivo di indagare sulle tendenze più diffuse per affrontare i rischi lungo il percorso per il Net Zero.
I numeri emersi dalla ricerca condotta a giugno e luglio di quest’anno su un panel di 300 aziende operanti in vari settori a livello europeo, in particolare, rilevano che il contesto normativo più severo e le crescenti pressioni da parte degli stakeholder stanno spingendo le aziende a compiere passi più decisi verso il Net Zero, accelerando di fatto le strategie energetiche per anticipare i rischi di nuove normative.
Nonostante la volontà generale di agire e il senso di ottimismo, tuttavia, alcune imprese esitano a implementare soluzioni utili a raggiungere il Net Zero a causa di false credenze sullo stato della tecnologia disponibile a oggi e per la difficoltà di accedere ai finanziamenti e creare un valido business case. Questo impedisce loro di sfruttare al meglio le soluzioni energetiche innovative a basse e zero emissioni.
La rendicontazione delle emissioni Scope 1 e 2 è il principale rischio che le aziende stanno considerando nelle proprie strategie per il Net Zero
Gestire i rischi legati alla rendicontazione delle emissioni Scope 1 e 2 rappresenta una priorità assoluta per il 68% delle imprese intervistate, seguiti dai rischi legati alla conformità alle normative (66%) e dai prezzi delle emissioni (65%).
Christian Stella, Managing Director di Centrica Business Solutions Italia
Il rischio del prezzo della CO2 mette sempre più sotto pressione le aziende, comprimendo, di fatto, i margini di profitto. All’inizio dell’anno, le quotazioni dei crediti di CO2 nell’UE hanno superato per la prima volta i 100 €/t, costringendo le aziende a riflettere seriamente sulle strategie di riduzione delle emissioni. Inoltre, la più recente riforma emanata dall’Unione Europea prevede la riduzione progressiva delle quote gratuite ETS (Emission Trading Sceme) riservate alle aziende, fino alla loro totale eliminazione entro il 2034. Ma prepararsi ora riduce i rischi futuri.
Le aziende che non si aggiornano sulle novità del settore e sulle innovazioni tecnologiche, infatti, rischiano di non essere conformi e di esporsi a costi di emissioni più elevati. I leader aziendali informati adottano misure sia per essere conformi alle nuove normative sia per non esporsi ai costi delle emissioni.
Le misure adottate dalle aziende VS il costo di non agire
Nonostante le difficoltà dovute all’accesso ai finanziamenti, sentite dal 43% degli intervistati, la percezione dei rischi del non agire costringerà le aziende ad accelerare le proprie strategie per il Net Zero.
Tra le misure più diffuse che le aziende italiane hanno intrapreso per mitigare il rischio del prezzo delle emissioni spicca il passaggio al gas naturale o alla biomassa (33%), mentre tra quelle pianificate vi è la riprogettazione dei prodotti e servizi (79%), la quantificazione e rendicontazione delle emissioni di CO2 (76%) e la realizzazione onsite di impianti di generazione di energia pulita (73%).
Come si legge da una nota diffusa da Centrica, la comprensione dei dati è essenziale per il processo decisionale, e la misurazione e la rendicontazione delle emissioni Scope 1, 2 e 3 rappresenta il primo, importante passo per capire dove è necessario intervenire. Ci sono, poi, soluzioni rapide a minore investimento di capitale, come le misure di efficienza energetica, le ristrutturazioni degli impianti e i contratti di fornitura di energia rinnovabile. Si tratta di soluzioni che consentono anche un risparmio a lungo termine, che può essere reinvestito in misure di maggiore impatto, come, ad esempio, pompe di calore, sistemi energetici integrati o l’aggiornamento dei sistemi di cogenerazione a combustibili alternativi.
È il momento dell’idrogeno?
Secondo la ricerca, più della metà delle aziende intervistate prevede di esplorare in futuro soluzioni con carburanti e tecnologie a base di idrogeno. Il 44% afferma che il proprio Paese offre le condizioni per sistemi energetici innovativi a basse o zero emissioni di CO2, un quarto (24%) delle aziende sta già lavorando per implementare soluzioni a idrogeno – sviluppando attivamente le capacità o stipulando contratti basati sull’idrogeno derivato da risorse non rinnovabili, noto come ‘idrogeno blu’. Una su 10 ha iniziato a sviluppare le capacità per adottare l’’idrogeno verde’, in cui l’energia deriva da fonti rinnovabili, nella propria azienda.
Dunque, al momento sono disponibili soluzioni tecnologiche innovative, in grado di ridurre significativamente le emissioni. Perché le aziende esitano ad agire? Il report ha rilevato che, sebbene sia in corso un’intensa attività di pianificazione, solo il 2% delle aziende dichiara di investire attualmente nella tecnologia dell’idrogeno. Alla domanda su quali siano gli ostacoli che le trattengono dall’investire, la risposta più comune delle imprese (56%) è stata la mancanza di maturità tecnologica. Tuttavia, l’idea che la tecnologia non sia pronta è un falso mito che impedisce a troppe imprese di agire.
Christian Stella
La produzione del blue e del green hydrogen non ha ancora raggiunto i costi e la portata che ne consentirebbero una larga diffusione, ma i sistemi di cogenerazione che attualmente funzionano a gas naturale o biomassa possono essere riconvertiti per utilizzare l’idrogeno. Questo permetterebbe alle aziende di avere la flessibilità di un impianto che può essere alimentato parzialmente miscelato con idrogeno o 100% a idrogeno, non appena sarà commercialmente disponibile.
Informazioni sulla ricerca
I dati della ricerca raccolti in questo report si basano su un’indagine condotta da Centrica Business Solutions a giugno e luglio 2023. Il panel delle 300 aziende intervistate opera nei settori Food & Beverage, Fornitori di servizi sanitari e medici, Ospitalità, viaggi, turismo, Manifatturiero (industria pesante, industria farmaceutica e biomedica e industria leggera) e Orticoltura. L’indagine ha coinvolto 5 Paesi nel mondo: UK (17%), Irlanda (8%), Paesi Bassi (25%), Italia (25%) e Ungheria (25%).