Quali sono le principali sfide che le maggiori economie europee dovranno affrontare per raggiungere, entro il 2030, gli obiettivi di sostenibilità energetica? Secondo un nuovo report supportato da Eaton, si tratta di difficoltà che potrebbero in gran parte essere ricondotte al cosiddetto “gap di flessibilità”: per cercare di arginarlo è necessario attuare, a livello governativo, politiche che garantiscano mercati equi, trasparenti e facilmente accessibili, in grado di attrarre investimenti privati.
Con il progressivo abbandono di carbone e gas, le reti nazionali devono infatti riuscire a bilanciare l’intermittenza e la variabilità, proprie delle fonti rinnovabili, con la domanda di energia che arriva in tempo reale dal Paese. L’unico modo per raggiungere la flessibilità è incoraggiare gli investimenti in soluzioni in grado di supportare la risposta alla domanda, per esempio in termini di accumulo dell’energia. A questo scopo, l’apertura dei mercati a politiche e soluzioni in grado di garantire la flessibilità gioca un ruolo fondamentale.
Il gap di flessibilità è evidenziato dall’edizione 2023 del report Energy Transition Readiness Index (ETRI 2023) sviluppato da REA (Association for Renewable Energy and Clean Technology) e co-sponsorizzato da Eaton e da Foresight Group, che si occupa di investimenti in infrastrutture e private equity orientati alla sostenibilità. Lo studio confronta il grado di preparazione rispetto alla transizione energetica di 14 mercati nazionali dell’elettricità (Italia inclusa), analizzando per ciascun Paese, tra i vari parametri, il divario attuale della produzione energetica da fonti rinnovabili ed il livello di flessibilità associata di cui lo stesso avrebbe teoricamente bisogno per raggiungere gli obiettivi previsto dal piano FitFor55 per il 2030.
Partendo da queste premesse riportate nel report, la Germania e il Regno Unito si trovano ad affrontare il più grande divario di flessibilità; seguono Danimarca, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi e Spagna. Solo Norvegia, Finlandia e Svezia sembrano in grado di colmare il gap con facilità: in questi Paesi la distanza è infatti minore, grazie al maggior accesso all’energia idroelettrica, ma anche per la presenza di mercati della flessibilità ben consolidati.
L’Italia, insieme alla Francia, secondo il report si trova in una condizione migliore rispetto ad altri Paesi vicini, ma entrambe le nazioni sono comunque chiamate a incrementare gli sforzi, se vogliono attrarre gli investimenti in flessibilità che saranno necessari da qui al 2030. La Svizzera ha un gap relativamente ridotto, nonostante la sua struttura di governance regionale porti a uno scarso coordinamento sulle politiche da implementare. La Polonia si trova invece nelle prime fasi della transizione energetica, con importanti ostacoli da superare per recuperare i fondi necessari a finanziare gli interventi di miglioramento dell’accesso alla rete.
Nel report sono incluse anche sotto-classifiche basate sui fattori socioeconomici e tecnologici che sostengono o ostacolano gli investimenti nella transizione energetica. Aumentare il livello di sostegno alle tecnologie abilitanti, come per esempio investendo in infrastrutture di ricarica dei veicoli elettrici e contatori intelligenti, è una delle strategie da adottare per incrementare la flessibilità e quindi contribuire a colmare il gap: lo studio conferma che alcuni Paesi già stanno cogliendo questa opportunità.
Dalla prima edizione del report ETRI nel 2019, la Germania e il Regno Unito hanno registrato i miglioramenti più significativi in termini di “attrattiva per gli investitori”, dimostrando di avere, con le giuste politiche di contesto, il potenziale per attrarre investimenti nella transizione energetica, colmare il divario di flessibilità e creare reti di fonti rinnovabili ad alta intensità.
La situazione italiana
Nell’ultimo decennio, in Italia, si è registrata una costante crescita nella generazione eolica e solare: il trend è stato confermato anche nel 2022, quando la produzione di energia da queste due tipologie di fonti è passata dal 14 al 15%. Questo, tuttavia, non basta: per raggiungere, entro il 2030, l’obiettivo del 49% di output da energie rinnovabili, sarà necessario un aumento della produzione eolica e solare pari a 48 TWh.
In generale, lo scorso anno la produzione rinnovabile italiana ha coperto il 32% dei consumi annui, rispetto al 36% del 2021, con una decrescita principalmente dovuta a una riduzione dell’idroelettrico.
La diffusione dei veicoli elettrici, nel nostro Paese, resta inferiore all’1%, rappresentando approssimativamente il 4% di tutte le nuove immatricolazioni (dati simili al 2021), sebbene l’infrastruttura di ricarica stia perseguendo uno sviluppo continuo.
In materia di edifici, le pompe di calore coprono circa il 10% del mercato italiano, mentre è invece radicato l’utilizzo di contatori smart.