Per centrare gli obiettivi climatici al 2030, all’Italia basterebbero le sole autorizzazioni richieste in tre anni per i grandi impianti rinnovabili. Come tutte le forme di produzione energetica, anche le rinnovabili hanno un impatto sul territorio, seppur meno significativo di trivelle, centrali termoelettriche, raffinerie e rigassificatori. Serve una corretta valutazione sulle aree idonee, la disponibilità di superfici: quanti tetti residenziali, quanti capannoni, edifici commerciali, parcheggi, sedimi ferroviari, terreni incolti? Quanto agrivoltaico (ovvero pannelli su campi agricoli)? Eolico on-shore o off-shore? In che regioni, in che mari, su che crinali? Importante scegliere bene. Ogni territorio e ogni superficie hanno le proprie specificità, con diversi potenziali, diversi costi e diversi impedimenti morfologici, ecologici e paesaggistici. Resta l’annosa questione delle autorizzazioni. La situazione è migliorata, ma ancora oggi solo un impianto su dieci riesce ad ottenere il permesso.
Per fare il punto e dare risposte Althesys, in collaborazione con European Climate Foundation, ha presentato lo studio “Lo sviluppo delle rinnovabili e il paesaggio italiano”, le cui prime anticipazioni sono state presentate alla Fiera di Rimini da Alessandro Marangoni nell’evento “La tutela del paesaggio nella transizione energetica, una sfida possibile. Come unire crescita delle rinnovabili e salvaguardia del patrimonio naturale e artistico”.
La presentazione si è tenuta nell’ambito di K.EY e ha visto la partecipazione – tra gli altri – di Andrea Vettori, DG Ambiente Commissione Europea, Massimiliano Atelli, Commissione VIA, Antonella Battaglini, Renewables Grid Initiative, Lionel Coquelet, Ecofirst, Mariagrazia Midulla, WWF, Costanza Pratesi, FAI, Agostino Re Rebaudengo, Elettricità Futura, Simone Togni, ANEV. Il convegno ha fatto il punto su come conciliare la crescita delle rinnovabili, centrali per la transizione energetica, e il loro impatto sul territorio, ricercando soluzioni che preservino la bellezza e la biodiversità dei territori.
Alessandro Marangoni
La pianificazione del territorio deve contemperare produzione energetica e tutela dell’ambiente e del paesaggio, permettendo, al contempo, alle amministrazioni di rilasciare le autorizzazioni in modo agile e funzionale ai target 2030. Le comunità sono chiamate a svolgere un ruolo attivo nello sviluppo delle energie pulite, partecipando ai processi decisionali e godendo dei benefici ambientali, sanitari ed economici creati dagli impianti che ospitano.
Il boom delle richieste
La ricerca ha messo a confronto i progetti rinnovabili dal 2021 al 2023 con l’effettivo installato. Emerge che le richieste di autorizzazione raccolte in soli tre anni e solo per gli impianti utility scale sarebbero sufficienti a centrare gli obiettivi del PNIEC al 2030 (80 GW). Lo studio mostra però che i titoli rilasciati sono dieci volte inferiori alle richieste. I progetti in valutazione non riescono a essere processati nei tempi previsti e le nuove installazioni in questi tre anni si sono fermate a 10 GW.
Cresce anche il numero dei progetti che richiedono l’autorizzazione: dai 17 progetti di taglia maggiore di 5 MW al mese del 2021 si passa ai 42 progetti di taglia maggiore di 10 MW al mese del 2022 per finire ai 57 progetti di taglia maggiore di 10 MW al mese del 2023. Le richieste annue sono aumentate da poco più di 200 progetti totali del 2021 ai 500 del 2022, a quasi 700 nel 2023.
Un aspetto chiave, anche in termini di accettazione sociale, è la taglia media dei nuovi progetti che per il fotovoltaico è aumentata negli anni: da 30 a oltre 40 MW per progetto tanto che nel 2023 un terzo dei nuovi impianti rinnovabili è utility scale.
Il fotovoltaico, protagonista del mercato, oggi è in larga parte residenziale-commerciale, con il 64% delle installazioni 2023 di potenza inferiore a 1 MW e le simulazioni indicano come una quota molto più alta di potenza dovrà essere di scala industriale (oltre 10 MW).
Il peso nelle regioni
Diminuisce il peso delle rinnovabili al Nord, grazie alla crescita del fotovoltaico e soprattutto dell’eolico al Sud e nelle isole, a fronte di una stabilità dell’idroelettrico. Per il solare, nel 2023 le tre regioni con più installazioni sono state Lombardia, Veneto e Puglia, ma nel 2035 – stando alle analisi NET di Althesys sulla base dello scenario di completa decarbonizzazione del settore elettrico indicato da ECF – ci dovrebbe essere una forte crescita in Puglia (da 3,3 di oggi a 20,4 GW) e nelle isole: Sicilia (da 2,2 a 21,9 GW) e Sardegna (da 1,3 a 18,5 GW). Il solare è oggi costituito in buona parte da piccole installazioni su edifici. A fine 2023 gli impianti a terra erano il 31% della capacità installata per 9 GW, contro i 21 GW non a terra. Per gli impianti eolici, la terra promessa rimane il Sud nelle stesse regioni: dove la Puglia passa dagli attuali 3,1 a 8,9 GW, la Sicilia da 2,3 a 7,4 GW e la Sardegna che ha un boom da 1,2 a 7,3 GW. Dati in crescita anche in Campania (5,1 GW), Basilicata (4,3 GW) e Calabria (3,4 GW).
L’occupazione del suolo
Spesso si sente dire che vi è un’eccessiva occupazione di suolo: alla fine del terzo trimestre 2023 era di oltre 16.000 ettari (fonte GSE). La superficie agricola utilizzabile (SAU) occupata equivaleva allo 0,13% del totale. Analizzando la stessa superficie divisa per regioni si nota che l’area più estesa è sempre in Puglia con quasi 4.352 ettari pari al solo 0,34% del territorio agricolo regionale utilizzabile; al secondo posto c’è la Sicilia (1615 ha, 0,12%) al terzo il Lazio (1585,7 ha, 0,23%). Nello scenario 2035 di completa decarbonizzazione il ricorso agli impianti a terra è necessario sia per ragioni economiche che per insufficienti superfici alternative. Nei prossimi 4-5 anni si prevede l’entrata in esercizio di impianti a terra in proporzione maggiore rispetto al passato, andando a ribaltare l’attuale quota 40%-60% tra a terra (incolto, terreni ex industriali e urbani abbandonati), e non a terra (tetti residenziali, parcheggi, ecc.).
Le proposte
Cosa occorre dunque fare per avviare uno sviluppo armonico della capacità rinnovabile in grado di mitigare le opposizioni locali agli impianti?
Alessandro Marangoni
Gli spazi non mancano, bisogna solo coordinarsi. E il paragone sugli impatti paesaggistici va fatto nei termini corretti, non tra impianti rinnovabili e natura incontaminata, ma tra rinnovabili e la loro alternativa fossile, ovvero siti di trivellazione, centrali termoelettriche, rigassificatori, raffinerie.
Lo studio spiega che serve anzitutto un maggiore coordinamento tra organi dello Stato, suggerendo di percorrere la strada maestra di responsabilizzare i territori nella produzione energetica locale. Ridurre la dipendenza esterna, trasferire parte dei benefici delle rinnovabili con la riduzione dei prezzi per favorire la partecipazione attiva delle comunità sono alcuni degli elementi su cui puntare. Ma serve anche una maggiore attenzione alle ricadute locali dei benefici e dei vantaggi legati alle rinnovabili. Un contributo può arrivare dalle comunità energetiche, che coinvolgono attivamente cittadini e attività produttive, dando loro benefici tangibili.