Andrea Puccio, founding partner di Puccio Penalisti Associati, evidenzia scenari e prospettive dopo la pubblicazione della direttiva in materia di reati ambientali.
Il 27 febbraio scorso è stata approvata in prima lettura dal Parlamento europeo la proposta di Direttiva in materia di reati ambientali e rafforzamento della protezione degli ecosistemi. Si attende soltanto il formale via libera del Consiglio per l’entrata in vigore.
La Direttiva, ispirata ai principi di precauzione, prevenzione e riparazione, ha l’obiettivo di armonizzare le legislazioni penali degli Stati membri per offrire una tutela rafforzata al bene “ambiente”, creando un sistema europeo coordinato di contrasto alla criminalità, anche organizzata, che faccia fronte alla (evidentemente) ritenuta inadeguatezza deterrente degli attuali sistemi nazionali.
Per le persone fisiche, gli Stati dovranno introdurre nuovi reati (incluse alcune fattispecie di “ecocidio”), severi limiti edittali (ad es., qualora dal reato ambientale derivi la morte di una persona, la pena non potrà essere inferiore, nel massimo, a 10 anni di reclusione), ampi termini prescrizionali (per i reati più gravi e le relative pene fissati in non meno di 10 anni) e diverse sanzioni accessorie (interdittive, di risarcimento del danno ambientale e, quando possibile, di ripristino dell’ambiente).
Le persone giuridiche, inoltre, dovranno rispondere dei reati ambientali commessi a loro vantaggio, con sanzioni pecuniarie di gran lunga superiori a quelle oggi irrogabili ai sensi del D.lgs. 231/2001 (per i reati più gravi, ad es., il livello massimo delle sanzioni non potrà essere inferiore al 5% del fatturato mondiale annuo o a 40 milioni di euro, a fronte di un massimo edittale attualmente previsto pari a circa 1,5 milioni di euro) e ulteriori sanzioni accessorie, anche inedite (come la sorveglianza giudiziaria, lo scioglimento e la chiusura delle sedi dell’ente e l’estensione – anche ad esso – dell’obbligo di risarcimento o di ripristino del danno ambientale), idonee a incidere in maniera pervasiva sulla stessa continuità dell’attività industriale.
Direttiva reati ambientali
Al fine di garantire effettività a tale novellato sistema sanzionatorio, infine, il legislatore europeo indica, da un lato, la necessità di aumentare la specializzazione e la formazione delle autorità giudiziarie e di polizia nazionali, di implementarne gli strumenti di indagine (includendovi intercettazione di comunicazioni, sorveglianza elettronica, monitoraggio dei conti bancari e altri strumenti di indagine finanziaria) e di migliorarne la cooperazione ed il coordinamento con le altre autorità nazionali e unionali; dall’altro lato, prescrive agli Stati di elaborare una strategia nazionale di contrasto ai reati ambientali e di predisporre un sistema di registrazione e fornitura di dati statistici che consenta di monitorarne l’efficacia.
Il recepimento della Direttiva dovrà avvenire entro due anni dalla sua entrata in vigore.
Nell’ordinamento interno, premesso che certamente si determinerà un’estensione del perimetro delle condotte passibili di assumere penale rilevanza (anche se parte delle fattispecie enucleate risultano già previste o sono comunque riconducibili, in via interpretativa, a reati esistenti), l’impatto più significativo connesso al recepimento della Direttiva pare da identificarsi nel complessivo inasprimento dell’impianto sanzionatorio correlato alle aggressioni al bene “ambiente”, anche a carico degli Enti (per i quali si imporrà, con buona probabilità, un ripensamento degli attuali schemi sanzionatori). Una scelta che suona, a tutti gli effetti, come frutto di una presa d’atto del legislatore europeo in ordine al fatto che soltanto misure incidenti in maniera pervasiva, non soltanto sugli autori del reato, ma anche sui soggetti giuridici responsabili possono costituire un efficace deterrente rispetto alla commissione di reati ambientali.