Luca Moro, Chief Investment Officer del fondo SpesX di FIEE Sgr, commenta la situazione attuale dei titoli green relativi alla transizione energetica.
Se guardiamo al mercato della transizione energetica, possiamo constatare che i titoli delle società-chiave nel settore, siano esse utility, società specializzate in rinnovabili, elettrificazione, o produttori di tecnologie per la decarbonizzazione, hanno segnato una sottoperformance a partire dal 2021, in un periodo che è stato sostanzialmente positivo per le Borse globali. Questa circostanza – dovuta a elementi congiunturali che hanno innescato una fase ribassista ma che in nessun modo intaccano il trend inarrestabile del net zero – può rappresentare un’occasione di ingresso per scommettere sulla trasformazione della società in chiave green.
I fattori alla base della sottoperformance dei titoli green
L’andamento dei titoli della transizione energetica è testimoniato da due dei principali indici che raccolgono le società esposte alla transizione green: il WilderHill Clean Energy Index, relativo al mercato americano, che ha perso il 47% a un anno e il 29% YTD, e il suo omologo global, l’S&P Global Clean Energy Index, che ha ceduto il 32% a un anno e il 15% da inizio 2024. Risultati che si confrontano con il +22% a un anno e +7% YTD dell’S&P500 e il 6,7% a un anno dell’Eurostoxx 600, positivo anche nei primi mesi del 2024 (tutti i dati sono al 15 aprile 2024).
Alla base di questo andamento ci sono diversi fattori. Innanzitutto, la potenziale ascesa di forze politiche antiambientaliste dai due lati dell’Atlantico: la possibile rielezione di Trump a novembre 2024 e l’avanzata delle destre populiste alle elezioni europee del prossimo giugno potrebbero rallentare la corsa verso l’efficientamento energetico, che è stata una bandiera per i governi uscenti. Questi ultimi, infatti, hanno varato misure senza precedenti a sostegno di progetti per la transizione energetica: dai 369 miliardi di dollari stanziati per i prossimi dieci anni tramite l’Inflation Reduction Act statunitense per soluzioni di stoccaggio, produzione di componentistica in loco e crediti di imposta su nuovi investimenti ai circa 1.000 miliardi di euro previsti dal Green Deal europeo per investimenti in materiali critici, la riforma del mercato elettrico e lo sviluppo di un’industria net zero.
La svolta elettorale, tuttavia, è già incorporata nei prezzi. Restano due incognite in gioco: la prima è l’andamento delle politiche monetarie, in quanto il settore della transizione green è molto esposto all’aumento dei tassi, a causa dell’elevata leva finanziaria. Anche in questo caso il picco potrebbe essere stato raggiunto, tanto che gran parte del consensus stima addirittura un taglio dei tassi a partire da giugno o settembre prossimo. Infine, ha pesato il crollo del prezzo dell’energia, che, soprattutto in Europa, è quasi tornato ai livelli pre-Covid, e questo rallenta il passaggio a nuove fonti di approvvigionamento, in quanto alcune tecnologie al momento non sono ancora economicamente convenienti.
Il trend resta solido e va inquadrato in un’ottica almeno decennale
Anche se hanno avuto un effetto negativo nel breve termine, tutti i fattori analizzati non intaccano minimamente il trend secolare della transizione green, mirata alla soluzione di un’emergenza non più differibile, l’elevata concentrazione di CO2 in atmosfera, che è a sua volta la causa primaria del climate change. L’Osservatorio di Mauna Loa, alle Hawaii, che monitora i livelli di CO2 nell’aria, ha rilevato che da aprile 2018 il livello mensile medio di CO2 ha sistematicamente superato le 410 parti per milione (ppm), un terzo in più rispetto alle prime misurazioni effettuate da Charles David Keeling negli anni ’50, che evidenziavano concentrazioni stabili attorno a 310 ppm; mentre per molti millenni i livelli di CO2 in atmosfera sono oscillati tra 170 e 280 parti per milione. Questa accelerazione è coincisa con l’inizio dell’era industriale e l’intensificarsi dell’attività umana e della produzione di anidride carbonica. Se le cose non cambieranno, entro mezzo secolo potremmo raggiungere le 500 ppm, un livello che potrebbe causare un aumento della temperatura media globale di 6°C, ossia quattro volte il limite massimo prospettato dagli accordi sul clima di Parigi (COP21). Numeri che da soli spiegano perché non è più differibile l’ondata del net zero. Le società operative nella transizione energetica sono dunque un efficace investimento sul lungo termine – a maggior ragione essendo oggi a sconto – in quanto è del tutto ragionevole aspettarsi una performance positiva nei prossimi dieci anni.
Le utility alla testa dell’onda green
Quali saranno le società alla guida di questo trend rialzista? Le utility, secondo un report di Goldman Sachs dal titolo “The year of Long Duration and Lower Energy Price”. Negli ultimi tre anni il settore ha registrato un ritardo rispetto al mercato generale di quasi il 20%, principalmente a causa dell’aumento dei tassi di interesse. Le energie rinnovabili sono state particolarmente penalizzate (con una diminuzione di circa il 65% del rapporto EV/EBITDA) a causa della loro intensità di capitale. Da un lato, potremmo aver visto il picco dei tassi di interesse, mentre per le rinnovabili si prevede un’inversione del ciclo di capitale, con i grandi sviluppatori europei (come EDP, RWE ed Enel) che puntano a un ROI dell’8-10%. Goldman Sachs guarda con favore anche le reti di trasmissione e distribuzione, che sono centrali nel processo di elettrificazione, con una crescita organica prevista accelerata e investimenti necessari stimati intorno ai €650 miliardi per questo decennio. Si prevede, infine, un CAGR del 10% per la trasmissione e distribuzione (2023-28E) in Europa.
Non solo utility: il grande mercato delle pompe di calore
La transizione energetica passa anche per le tecnologie che saranno cruciali per decarbonizzare il riscaldamento, come quella delle pompe di calore, le cui vendite globali secondo EIA sono cresciute dell’11% nel 2022, segnando il secondo anno consecutivo di aumento a doppia cifra.
In Europa l’incremento è stato record, quasi il 40%, e in particolare i modelli aria-acqua, compatibili con radiatori e sistemi di riscaldamento a pavimento, sono cresciuti del quasi 50%. Secondo EIA, globalmente le pompe di calore, quando utilizzate come principale sistema di riscaldamento, coprono circa il 10% dei bisogni di riscaldamento negli edifici oggi, servendo oltre 100 milioni di famiglie. Per allinearsi con gli impegni energetici e climatici nazionali esistenti in tutto il mondo dovranno soddisfare circa il 20% dei bisogni globali di riscaldamento negli edifici entro il 2030. Aumentando a un ritmo di oltre il 15% annuo il target sarà raggiungibile, ma è presumibile che si assista a un’accelerazione, utile per il net zero al 2050.
Investire nella transizione energetica: un fondo dedicato
Per cavalcare l’onda verde, FIEE Sgr, società di gestione che investe nei settori dell’efficienza e transizione energetica, ha lanciato a settembre 2023 il suo primo fondo d’investimento aperto specializzato nella transizione energetica: SpesX Energy Transition. SpesX è un fondo UCITS alternativo, gestito attivamente e dedicato a investitori istituzionali e professionali che investe con una logica long-short. Fin dalla sua nascita, nel 2014, l’obiettivo di FIEE è sempre stato quello di investire e sostenere l’economia reale nella efficienza e transizione energetica del Paese, agevolando una trasformazione dell’economia in atto e in forte crescita. Con questo suo terzo fondo si pone l’obiettivo di investire e sostenere le aziende quotate più interessanti che operano nel mondo dell’efficienza e transizione energetica. Un segmento che già oggi permea numerosi ambiti industriali e privati che progressivamente stanno abbandonando soluzioni energivore basate sull’uso di combustibili fossili per abbracciare un approccio sostenibile e fonti di energia green. Una trasformazione non più rimandabile, come abbiamo visto, anche in relazione a un contesto economico che ha mostrato tutte le sue debolezze di fronte alle difficoltà nell’approvvigionamento delle materie prime.