L’Associazione Energia a biomasse solide pone l’attenzione a una emergenza ambientale che sta interessando il Veneto e riguarda l’avanzata del bostrico.
Questo coleottero danneggia gli alberi scavando sotto la corteccia e causandone in poco tempo la morte. Si parla già di una vera e propria epidemia con circa 7 mila ettari di foresta colpiti dal parassita.
Etifor, spin-off dell’Università di Padova, è impegnato in tutto il mondo nella valorizzazione del patrimonio naturale e ha sottolineato come la soluzione più efficace per contrastare l’epidemia sia “la rimozione del materiale schiantato e di quello infestato in tempo utile, bloccando così le larve in fase di sviluppo”.
A tale scopo diventa strategico l’uso di centrali a biomasse solide. Gli operatori associati a EBS sono stati già coinvolti dalle istituzioni locali per gestire la manutenzione dei boschi e la valorizzazione del materiale schiantato.
Preservare le foreste
Le ditte boschive incaricate del servizio di esbosco dal proprietario privato, o che hanno acquistato il lotto schiantato alle aste delle Amministrazioni Comunali, effettuano una prima cernita del legname, in funzione del potenziale utilizzo di mercato (segherie, imballaggi, cartiere, costruzioni), con la logica dell’impiego “a cascata” dei materiali disponibili. La parte residuale è destinata a recupero energetico. I cantieri forestali operano in modo progressivo, selezionando i residui forestali. La parte da destinare a valorizzazione energetica viene separata dal resto già in bosco oppure a bordo bosco. Successivamente viene raccolta, accatastata, ridotta e consegnata alle centrali a biomassa da parte dei collettori.
Un’attività che l’Associazione cura da tempo, avendo contribuito allo smaltimento dei residui forestali in seguito alla tempesta di Vaia. EBS è intervenuta anche nel caso della xylella in Puglia, con oltre 50.200 tonnellate ritirate) molto simile al bostrico per la contagiosità.
Preservare le foreste, EBS e l’impegno contro il bostrico
Antonio Di Cosimo, presidente EBS
EBS interviene in casi come questi raccogliendo i materiali resi inutilizzabili dall’infezione o dagli agenti atmosferici che altrimenti resterebbero sui terreni. In questo modo viene preservato l’habitat degli animali selvatici e ripristinate le normali condizioni ambientali.…Nel caso di Vaia, la biomassa residuale dell’evento calamitoso ha rappresentato il 25-30% dei totali quantitativi richiesti in condizioni di normale attività dagli impianti, percentuali che diventano molto più elevate per quegli impianti che si trovano in area montana e per i quali le zone colpite rappresentano strutturalmente da sempre pressoché il totale del bacino di approvvigionamento. È importante precisare che l’ingente materiale improvvisamente disponibile a causa di queste calamità non rappresenta un materiale aggiuntivo rispetto a quello che il bosco fornisce strutturalmente, ma rappresenta un inaspettato “anticipo”.
Ciò rende necessario amministrare con assoluta attenzione il materiale stesso per minimizzare i disagi che inevitabilmente si potrebbero generare negli anni successivi sulla locale filiera di approvvigionamento e, in primis, sui diretti gestori del bosco che rischiano di non avere negli anni a seguire materiale da raccogliere e vendere.