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L’innovazione digitale rappresenta una grande opportunità per il progresso sostenibile dell’Italia, con impatti sulle persone, le imprese e il sistema Paese nel complesso. Su questo fronte è forte la spinta della Commissione europea, che negli ultimi anni ha promosso numerose misure legislative e piani strategici nei due ambiti, anche se, su 92 iniziative analizzate, solo una minoranza tratta in modo congiunto e strategico sia sostenibilità che digitale. Tra quelle dedicate alla sostenibilità, il 13% tratta il digitale come elemento centrale, mentre tra quelle focalizzate sul digitale ben il 90% vede la sostenibilità come rilevante, ma quasi esclusivamente per temi sociali e di governance, tralasciando quelli ambientali.
Nelle grandi aziende italiane su entrambi i temi la sensibilità è ormai molto alta: l’84% investe in modo significativo sia in innovazione digitale che in sostenibilità. Ma sono ancora poco esplorate le sinergie tra le due dimensioni: solo un’azienda su tre utilizza l’innovazione digitale in modo intensivo come strumento per perseguire obiettivi sostenibili e solo una su quattro si fa guidare dalle linee di sviluppo sostenibile per rivedere la politica di adozione digitale. In questo percorso, sono più indietro le PMI: meno di un terzo del totale investe intensamente sia in innovazione digitale che in sostenibilità ed è molto rara una sinergia tra le due dimensioni.
Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Digital & Sustainable del Politecnico di Milano, in collaborazione con Assolombarda, presentata durante il convegno “Digitale e Sostenibilità: lo spazio della responsabilità e dell’innovazione”. Uno degli oltre 50 differenti filoni di ricerca degli Osservatori Digital Innovation della POLIMI School of Management che affrontano tutti i temi chiave dell’Innovazione Digitale nelle imprese e nella Pubblica Amministrazione.
Le iniziative dell’Europa
Nell’ultimo decennio, la Commissione europea ha promosso numerose misure in ambito sostenibilità e innovazione digitale. Delle 92 analizzate dall’Osservatorio, 54 sono legislative, cioè direttive e regolamenti vincolanti su trend digitali o di sostenibilità; 38 sono piani strategici con obiettivi generali non vincolanti e a lungo termine. C’è stata un’accelerazione dal 2020, con in media 15 iniziative l’anno e un picco di 24 nel 2024. A livello legislativo, le iniziative si concentrano su trasparenza aziendale, transizione digitale, sicurezza tecnologica, gestione dei dati e utilizzo delle risorse. Sul piano non legislativo, invece, l’attenzione è rivolta soprattutto alla sostenibilità, affrontando temi come sviluppo sostenibile, cambiamento climatico, transizione digitale, diritti umani e inclusione sociale.
Delle 53 iniziative sulla sostenibilità, solo 7 trattano il digitale come elemento centrale (13%), mentre delle 39 sul digitale, 35 affrontano strategicamente la sostenibilità (90%), trattando però quasi esclusivamente temi sociali e di governance.
Le grandi aziende
Le grandi imprese italiane mostrano un’alta propensione agli investimenti sia in ambito digitale sia in area sostenibilità. Il 91% ha una spesa significativa nel digitale, il 93% nella sostenibilità, con un focus prevalente su obiettivi ambientali e, in misura minore, su aspetti di governance come etica decisionale e gestione del rischio. Si stanno diffondendo misure di sostenibilità adottate anche su base volontaria, perché ritenute strategiche per la reputazione aziendale e l’efficienza operativa.
Combinando le due prospettive, l’84% delle grandi aziende italiane investe intensamente sia in innovazione digitale che in sostenibilità, anche se il 17% è focalizzato esclusivamente su una singola area di sostenibilità (ambientale, sociale o di governance). E, soprattutto, sono ancora poco esplorate le sinergie tra digitale e sostenibilità: solo il 34% utilizza l’innovazione digitale in modo intensivo come strumento per perseguire obiettivi di sostenibilità a tutto tondo e solo il 22% si fa guidare dalle linee di sviluppo sostenibile per rivedere la politica di adozione digitale. Dal punto di vista organizzativo, il 98% delle grandi aziende ha un responsabile IT, l’83% un responsabile della sostenibilità, che in alcuni casi (33%) può ricoprire anche altre responsabilità. Solo il 10% ha introdotto nell’organizzazione il Digital Sustainability Officer, che coniuga innovazione digitale e sostenibilità.
Le PMI
Tra le PMI, gli investimenti sono più limitati: solo il 53% alloca risorse significative nel digitale e solo il 42% in sostenibilità. La maggioranza che non investe in sostenibilità lo fa principalmente per i costi e la mancanza di risorse da dedicare. Considerando l’approccio integrato, il comportamento è più eterogeneo rispetto alle grandi realtà: il 35% delle PMI investe poco o nulla in entrambe le dimensioni, il 31% investe intensamente sia in innovazione digitale che in sostenibilità, mentre l’’uso sinergico è molto limitato: solo l’8% utilizza il digitale in modo intensivo per perseguire obiettivi di sostenibilità a tutto tondo, il 6% utilizza le linee guida sulla sostenibilità per guidare la digitalizzazione.
Dal punto di vista organizzativo, il 67% delle PMI non dispone di una figura interna dedicata al digitale e il 63% non ha alcun referente per la sostenibilità e non avverte l’esigenza di introdurlo.
La relazione tra sostenibilità e digitale
L’Osservatorio Digital & Sustainable ha sviluppato un modello che incrocia i temi di sostenibilità con i principali trend di innovazione digitale per descriverne i possibili impatti, positivi o negativi. Nell’ambito della sostenibilità ambientale, l’uso delle tecnologie può contribuire a generare impatti positivi. Ad esempio, l’uso combinato di sensori IoT per la raccolta dati e algoritmi di intelligenza artificiale abilita l’agricoltura di precisione. Il lavoro da remoto per due giorni a settimana con workspace technology e piattaforme di collaboration comporta un risparmio di 60 kg di CO2 l’anno per lavoratore. Anche se l’impatto delle tecnologie sull’ambiente presenta criticità, ad esempio gli enormi consumi di energia e acqua per il raffreddamento dei data center.
Il digitale, poi, è un alleato per migliorare le condizioni sociali, anche se va utilizzato con la giusta attenzione: lo smart working incrementa engagement e benessere dei lavoratori, ma può anche portare fenomeni di tecnostress e overworking. Nella sostenibilità di governance, le tecnologie digitali garantiscono trasparenza e responsabilità. La condivisione dei dati raccolti da sensori IoT permette di verificare il rispetto degli standard e di ridurre l’asimmetria informativa, monitorando, ad esempio, la temperatura di un container lungo la catena di fornitura. Oppure, il cloud computing facilita la gestione di copie di backup e l’adozione di misure di disaster recovery, riducendo il rischio strategico e operativo.
Le linee guida per un futuro digitale e sostenibile
In occasione del convegno sono stati presentati anche i risultati della ricerca realizzata con Assolombarda, in cui viene esplorata la relazione tra digitale e sostenibilità. All’interno del rapporto vengono presentati gli studi di 27 progetti di digitale e sostenibilità di imprese di diversi settori e dimensioni. L’indagine ha permesso di realizzare alcune linee guida per orientare e ispirare le scelte aziendali verso un futuro digitale e sostenibile.
Dall’analisi dei casi emerge che la tecnologia rappresenta spesso uno strumento per perseguire – direttamente o indirettamente – obiettivi di sostenibilità, anche per le aziende esenti da obblighi normativi in tal senso. In alcune realtà le decisioni di investimento nel digitale sono orientate alla sostenibilità e non dipendono dalla valutazione del ritorno economico di breve periodo. Inoltre, la consapevolezza verso la sostenibilità può essere un fattore critico di successo nella relazione con gli stakeholder esterni. Anche settori tradizionali, come l’industria manifatturiera, possono sperimentare innovazioni per migliorare insieme efficienza operativa, performance ambientali e di sicurezza. In numerose aziende emerge la volontà di migliorare le condizioni lavorative, di scardinare gli stereotipi di genere, di promuovere la formazione professionale e di prestare attenzione al benessere dei lavoratori.
Molti progetti si fondano sull’utilizzo congiunto e sinergico di più tecnologie: spesso è proprio la combinazione di elementi tecnologici permettere il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. La capacità di estrarre valore da grandi moli di dati è fondamentale per abilitare decisioni informate che aumentano la qualità dei prodotti. Per sfruttare appieno le tecnologie e massimizzarne gli impatti positivi sono necessarie competenze ricercabili anche in attori esterni (service provider, tech provider, società di consulenza e università). E, spesso, per una visione sistemica sugli impatti di sostenibilità serve il coordinamento con i fornitori e gli altri attori di filiera. La tecnologia può migliorare le condizioni di lavoro e aumentare la soddisfazione dei dipendenti: l’automazione, per esempio, permette ai lavoratori di abbandonare compiti ripetitivi per dedicarsi ad attività a maggior valore aggiunto o di ridurre lo stress.
Alcuni progetti sono guidati da una visione umano-centrica: tutte le innovazioni introdotte hanno l’obiettivo di valorizzare le caratteristiche personali, permettendo ai vari soggetti coinvolti di esprimere al meglio il proprio potenziale. In alcuni casi, emerge con forza la volontà di ambire a principi e valori legati alla responsabilità aziendale, che travalicano l’aspetto economico e la capacità di generare profitto. In diversi progetti emerge un’evoluzione progressiva: sperimentando innovazione si generano sempre maggiori opportunità. Un approccio aziendale orientato al miglioramento continuo e scalabile rende le organizzazioni in grado di adattarsi alle evoluzioni nel contesto normativo e nelle esigenze di consumo e di filiera.