Virginio Trivella, Coordinatore del Comitato Scientifico di Rete Irene, analizza la “Manovrina” di primavera in materia di riqualificazione energetica e sismica degli immobili. Chi dalla Manovrina di primavera si attendeva, finalmente, la soluzione dell’annoso problema del finanziamento degli interventi di riqualificazione energetica e sismica degli immobili non potrà che sentirsi profondamente deluso dal provvedimento che, dopo un paio di settimane di travaglio e di voci sulle novità imminenti, si è rivelato un nulla di fatto.
Nell’ultimo mese si erano moltiplicate le indiscrezioni sulla determinazione del Governo ad affrontare gli ostacoli che ancora oggi frenano la realizzazione di interventi ambiziosi di rinnovamento degli edifici, soprattutto condominiali. Nonostante l’esistenza di incentivi fiscali particolarmente generosi e specificamente dedicati agli interventi più idonei a rendere gli stabili sicuri ed efficienti, i lavori faticano ad essere avviati a causa dei problemi di reperimento delle risorse finanziarie necessarie. La cessione delle detrazioni, che oggi è una facoltà concessa a tutti coloro che realizzano questi interventi, si scontra con la difficoltà a individuare soggetti capienti interessati ad acquistarle a costi ragionevoli. La soluzione più logica, cioè la cessione ai soggetti finanziari, che minimizzerebbe costi e rischi dei finanziamenti e renderebbe semplici le procedure, resta inspiegabilmente vietata dalla legge.
Niente di nuovo, dunque, nonostante le parole spese dal viceministro all’economia Enrico Morando, durante un convegno organizzato il 9 marzo al Senato.
Enrico Morando
Il principale ostacolo all’effettiva realizzazione di interventi di ristrutturazione e riqualificazione negli edifici di grandi dimensioni è imputabile all’incapienza delle famiglie e, dunque, all’impossibilità di accedere alle detrazioni fiscali. Un problema che va risolto, anche per dare respiro al settore dell’edilizia, mediante la creazione di un soggetto ad hoc nel quale far confluire diversi attori, soprattutto istituti bancari, che diventi titolare e realizzatore dell’intervento di riqualificazione, su mandato dell’assemblea condominiale, e che, quindi, possa beneficiare degli ecobonus.
Secondo il viceministro, per superare definitivamente il problema dell’incapienza fiscale, il Governo avrebbe predisposto un testo di legge, concordato anche in sede europea, che rende possibile: “la costituzione di un complesso di soggetti, all’interno dei quali vi siano anche gli istituti di credito, che diventino titolari dell’intervento su incarico dell’assemblea condominiale. Attraverso il ruolo di questo soggetto realizzatore verrà bypassato il problema dell’incapienza e lo Stato riconoscerà l’ecobonus del 65% al soggetto attuatore dell’intervento”.
Parole che non hanno avuto alcun seguito nel nuovo provvedimento. Gli incentivi restano del tutto scollegati dai meccanismi di finanziamento e, di conseguenza, sembra ancora preclusa la possibilità che essi possano svolgere una potente funzione di stimolo a favore dello sviluppo, dell’occupazione, della tutela dell’ambiente e della riduzione della dipendenza energetica dalle fonti fossili. Tutti temi che, comunque, dovrebbero essere in cima alle priorità del Governo.
A ben vedere, non si tratta di un problema di carenza di risorse, come una lettura superficiale potrebbe mostrare, ma di consapevolezza – che ancora non sembra aver raggiunto un sufficiente grado di maturazione – che le risorse pubbliche potrebbero essere destinate meglio. Negli ultimi anni la spesa indotta dagli incentivi per le ristrutturazioni edilizie ha superato i 25 miliardi di euro all’anno. Piccoli aggiustamenti progressivi delle regole potrebbero orientare le scelte private dei cittadini in modo più coerente con le esigenze pubbliche di sviluppo e di tutela ambientale.
Ogni anno, poi, vengono erogati sussidi ambientalmente dannosi per ben più di 17 miliardi di euro. Il Catalogo pubblicato dal Ministero dell’Ambiente costituisce un primo importante contributo di conoscenza, essenziale per la progettazione di politiche coerenti con le esigenze di protezione ambientale sancite dagli impegni internazionali sottoscritti anche dall’Italia. Una logica progressivamente riallocativa consentirebbe di trasferire risorse da settori ambientalmente dannosi ad altri favorevoli e, come nel caso dell’edilizia, caratterizzati da elevata intensità di lavoro, italianità e vastissima capacità di attivazione di economia indotta. Nonostante il Catalogo sia stato sottoscritto da un Ministro in carica, il recentissimo Documento di Economia e Finanza non solo non tiene conto delle raccomandazioni in esso contenute, ma non lo cita neppure.
Gli investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione del comparto immobiliare, quantificati da ENEA in alcune decine di miliardi di euro all’anno e rapportabili al 3% annuo del patrimonio edificato, sono di due ordini di grandezza maggiori di quelli che oggi si realizzano. Sono numeri certamente cospicui, ma non diversi da quelli di altre attività incentivate con risorse pubbliche. Si tratta di un impegno necessario, per un Paese che intenda pianificare seriamente una transizione verso un’economia sostenibile, che necessita di un forte coinvolgimento della finanza privata e di strumenti adeguati e ben connessi con i meccanismi di incentivazione. Gli operatori a contatto con il mercato, come Rete Irene e le categorie professionali coinvolte, vivono quotidianamente le difficoltà che devono essere affrontate da chi promuove l’efficienza energetica. Basterebbero poche e mirate modifiche alle norme che regolano gli incentivi per attivare una domanda che oggi è solo potenziale, largamente inconsapevole e ben lontana dalla maturità. Le proposte ci sono e, a parere di chi scrive, la loro adozione non comporterebbe particolari difficoltà e consentirebbe di affrontare in modo efficace un’esigenza che non sembra né saggio né utile rinviare.
A giudicare dalla Manovrina, non pare che il Governo abbia prestato molta attenzione a questa esigenza. Ci auguriamo che, nel corso dell’iter di conversione in legge del decreto, il Parlamento sappia focalizzarsi meglio sulle opportunità che possono derivare da un vasto piano di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare nazionale.